Disturbi del Comportamento Alimentari

Disturbi alimentari
Lo studio Gervasoni di Bergamo si occupa di Disturbi del Comportamento Alimentari (DCA) cioè quell' insieme variegato di alterazioni della condotta alimentare che conduce a scompensi anche gravi sul piano fisico, psicologico e sociale.

Quali sono? I DCA più diffusi sono l’anoressia, bulimia, vomiting e il binge/eating.

Cosa si intende per anoressia? La persona affetta da Anoressia si rifiuta di mantenere il peso corporeo al di sopra rispetto al minimo previsto dalla sua corporatura.
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Per raggiungere tale obiettivo applicano una sistematica riduzione della quantità di cibo assunto giornalmente riducendo progressivamente il numero delle calorie introdotte nel proprio organismo. La riduzione del cibo può essere generalizzata o specifica per alcune categorie di solito gli alimenti più nutrienti. In più, la riduzione delle calorie assunte è accompagnata da un aumento dell’attività fisica per favorirne l’eliminazione e dall’assunzione di diuretici o lassativi al fine di avere un senso di pulizia interiore, infatti, chi soffre di Anoressia considera il cibo come qualcosa di sporco che inquina l’organismo.

Per il timore di perdere il controllo, il soggetto anoressico calcola ossessivamente le calorie ad ogni pasto. La sua rappresentazione corporea è alterata, si vede, nonostante la sua magrezza sempre grassa oppure vede grasse alcune parti del suo corpo.

L’eccessiva riduzione della percentuale di lipidi porta i soggetti di sesso femminile all’assenza del ciclo mestruale (amenorrea). Il profilo psicologico del soggetto anoressico è molto caratteristico. Egli dimostra una volontà di ferro che si percepisce oltre che nel controllo del cibo anche in altri campi della vita: scuola, lavoro, sport. La vita nella sua ottica è tutto dovere e niente piacere. Dal punto di vista sociale è fragile, ha fame di relazioni coinvolgenti ma allo stesso tempo le rifugge perché pericolose per il suo amato controllo, un coinvolgimento emotivo difatti potrebbe destabilizzarlo.

Mentre la bulimia? Il soggetto bulimico fa ricorso a frequenti abbuffate ovvero ingurgitare in un tempo definito una quantità di cibo, solitamente ipercalorico, superiore a quella che potrebbe mangiare la maggior parte delle persone. L’abbuffata continua, perché il soggetto ha la sensazione di non riuscire a fermarsi, sino a quando si sente pieno da star male. Questa percezione di perdita di controllo è tale da sfociare in esperienze di derealizzazione, come se fosse in uno stato di trance ipnotica. All’abbuffata fanno seguito un umore depresso e sentimenti spietati verso se stesso.

Di fronte all’aumento di peso il bulimico può avere un atteggiamento passivo diventando obeso o uno attivo, cercando di eliminare le calorie introdotte procurandosi il vomito o facendo seguire all’abbuffata un periodo di digiuno con aumento dell’attività fisica. Dal nostro punto di vista questi ultimi due casi vanno considerati separatamente come DCA indipendenti ovvero il vomiting e il binge-eating.

Cosa si intende per vomiting? Con questo termine identifichiamo la condotta di procurarsi il vomito per eliminare il cibo ingerito durante un’abbuffata, con l’intento di eliminare le calorie in eccesso. Distinguiamo il Vomiting dalla Bulimia perché, sebbene il soggetto inizia vomitare conseguentemente ad un’abbuffata, alla lunga egli si abbuffa solo per vomitare. In altre parole, il centro d’interesse del vomitatore si sposta dal riempirsi di cibo al piacere di svuotarsi.

E il binge-eating? Anch’esso nasce come una sotto classificazione della Bulimia per eliminare o ridurre le conseguenze di un’abbuffata. Il soggetto fa seguire a un’abbuffata o a un periodo di alimentazione incontrollata, un tempo più o meno lungo di digiuno, che ha sua volta è seguito da un altro periodo in cui mangia senza controllo e cosi via.

Quanto sono diffusi i DCA? Si stima che l’Anoressia colpisca l’1% della popolazione mentre la Bulimia il 3%. L’incidenza totale dei DCA va dal 5% al 15%.

Come si forma un DCA? La costruzione del disturbo è un’azione combinata da più variabili, fisiologiche, psicologiche, comportamentali, relazionali e sociali. Tutte queste interagiscono in modo da formare un sistema complesso. Per interagire con siffatto sistema, abbiamo bisogno di ridurre la sua complessità osservandolo attraverso delle lenti che ci permettano di focalizzare alcuni aspetti a dispetto di altri. Una di queste lenti ci permette di vedere perchéuna persona sceglie, più o meno consapevolmente un DCA, mentre un'altra di queste lenti ci dice come funziona. Più in specifico, analizzeremo i significati dietro ad un comportamento alimentare disturbato e le azioni messe in atto dal soggetto e dalle persone che interagiscono quotidianamente con lui.

Perché un DCA? Paul Watzlawick affermò che è impossibile evitare di comunicare, tutto il nostro comportamento, quello che facciamo o evitiamo di fare, quello che diciamo o evitiamo di dire, come lo diciamo, sono tutti messaggi che inviamo agli altri e a noi stessi. Il problema è che l’individuo non è consapevole di tutti i significati che riceve e trasmette. Più in specifico ogni atto comunicativo ad esempio: “Mangia!” trasmette i seguenti significati:

Ti prego mangia, lo dico per il tuo bene.
Se non mangi, mi fai soffrire.
Se non mangi, sei cattiva.
Se non mangi, ti considero.
Mi fai sentire una mamma/papà cattiva/o
Se mangi,ti ignoro.
Sino a che un messaggio non è svelato e riconosciuto esso agisce in modo subdolo imprigionando le persone come attori in un teatro nel quale sono costretti a recitare sempre lo stesso dramma.

Come si mantiene nel tempo? Mantenere nel tempo un qualsiasi disturbo è un’operazione dispendiosa in termini d’impegno e sacrifici personali, come un’auto per funzionare necessita di rifornimenti e manutenzione continua.

Sembra quasi che le persone vogliano star male. Perché una persona possa soffrire di un disturbo, ed esempio alimentare, è necessario che l’individuo in questione e le persone attorno a lui coinvolte, si attengano scrupolosamente a un preciso copione. Fare, sentire sempre le stesse cose in quella medesima situazione. La ripetizione continua della “stessa cosa” porta tutti gli attori coinvolti ad apprendere, iperapprendere, automatizzare gli stessi comportamenti. Questo processo ricorda molto da vicino l’addestramento animale. Ogni soggetto insegna agli altri e a sua volta è aiutato e reagire sempre allo stesso modo davanti a quel preciso problema.

Come si può uscire da questa situazione? Il copione del disturbo è molto potente ma allo stesso tempo fragile, se si riuscisse a inserire un piccolo elemento nuovo, esso agirebbe come un sasso nello stagno che attraverso le increspature modificherebbe l’intera superficie dell’acqua.

Cosa si intende per elemento nuovo? Un qualsiasi comportamento imprevisto che rompa la tradizione di fare sempre la “stessa cosa” nella medesima situazione o vedere “la stessa” da un’ottica nuova.

Perché la gente fa sempre la stessa cosa? Studi di psicologia e neuropsicologia dimostrano come la mente ricerca la regolarità negli eventi. Il nostro cervello per evitare di sprofondare nel caos di un mondo troppo complesso, ha necessità di credere che A porti a B e B a C e che sarà sempre così. Questa tendenza è definita “illusione di sapere”. Tendenzialmente la nostra mente preferisce agire per confermare un risultato atteso, anche se questo per assurdo innesca eventi negativi, piuttosto che arrischiarsi in imprese dall’esito imprevisto.

Ok. Ma tornando ai DCA? Un disturbo alimentare si regge sulle tentate soluzioni che la persona mette in atto per cercare di risolvere il problema, esempio:

Forzare un’anoressica a magiare induce quest’ultima a mangiare di meno.

Nascondere il cibo a una bulimica sviluppa in quest’ultima una smania di ingurgitare senza controllo.

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